Descrizione
Da Spoon River si passa tutti, prima o poi. Qualcuno ci arriva “dando la caccia alle note” – come non ricordare il meraviglioso Non al denaro non all’amore né al cielo di Fabrizio De André? – qualcuno inseguendo la letteratura.
Ma dove si trova, davvero, Spoon River?
Nei ricordi di ognuno di noi, ma anche e soprattutto in quel luogo misterioso in cui la vita e la morte si danno il cambio, e le voci di chi trapassa possono spogliarsi del pregiudizio e cantare, libere, verità fino a quel momento taciute.
Spoon River è un’antologia di memorie – ricostruite, inventate, evocate… poco importa – di vite bruciate ma anche vissute, rubate e conquistate.
La forma dell’epigrafe in versi non prevede la rima o un ritmo vero e proprio. Edgar Lee Masters la definiva «qualcosa di meno della poesia e di più della prosa». Di certo, la sensazione che si ha è quasi quella di un romanzo corale, del quale la provincia puritana americana d’inizio Novecento costituisce il fulcro essenziale.
E scopriamo che a distanza di oltre cent’anni, il capolavoro oscuro e immortale di Masters, presentato qui in una nuova e seducente veste grafica, continua a suscitare emozioni che appartengono tanto ai remoti protagonisti di Spoon River quanto a noi e ai nostri giorni.
“Li riportarono morti, questi figli
della guerra,
e queste figlie schiacciate dalla vita,
e i loro orfani piangenti.
Tutti, tutti dormono, dormono,
dormono sulla collina”.
Questa edizione è in grande formato con copertina rigida, corredata dalle splendide illustrazioni di Valeria Zaccheddu.
L’autore
Scrittore, biografo e poeta per vocazione, ma costretto a esercitare la professione di avvocato per mantenersi, Edgar Lee Masters (Garnett, Kansas, 1869 – Melrose Park, Pennsylvania, 1950), è ricordato soprattutto per la raccolta di poesie sotto forma di epitaffi Spoon River Anthology (1916) e per The New Spoon River (1924), che non ha eguagliato il successo dell’opera precedente.
Durante l’infanzia la morte entra di prepotenza nella sua vita, strappandogli gli affetti più cari: nel 1878 perde il fratellino minore, l’anno dopo il suo migliore amico viene investito da un treno.
Nel 1880 con la famiglia si trasferisce a Lewistown (Illinois) qui, durante la scuola superiore, pubblica i suoi primi articoli per il Chicago Daily News.
Il cimitero di Oak Hill e le rive del fiume Spoon, i luoghi dove ama passeggiare, e i lutti subiti da bambino, influenzeranno molte sue poesie.
Nel 1898 sposa Helen M. Jenkin, figlia di un avvocato, e con lei si a trasferisce a Chicago, dove nel 1911 apre uno studio legale in proprio.
Non dimentica mai la passione per la scrittura, ma solo da maggio 1914 a gennaio 1915 riesce a pubblicare con scadenza regolare sul Mirror alcuni dei componimenti dell’Antologia, finché non escono raccolti tutti in volume nel 1916.
Nel 1931 pubblica una biografia del presidente Lincoln (Lincoln: The Man) che gli vale molte critiche, a causa delle quali si allontana dalla scena pubblica e dagli ambienti culturali di Chicago.
E questo purtroppo non è l’unico momento buio nella sua carriera letteraria. Nonostante i riconoscimenti ottenuti i riconoscimenti ottenuti, come il Mark Twain Silver Medal (1936) e lo Shelly Memorial Award (1944), le opere successive non ottengono lo stesso favore del pubblico e della critica.
Le difficoltà economiche sopraggiunte dopo aver abbondonato il lavoro di avvocato per dedicarsi alla scrittura lo obbligano a ricorrere all’aiuto di amici e parenti per poter sopravvivere.
Muore il 5 marzo 1950 di polmonite, dimenticato e in miseria, anche se l’amico e romanziere Theodore Dreiser ottiene che gli venga assegnato un premio di 5.000 dollari e gli paga molte delle cure di cui ha bisogno.
Masters è sepolto nel cimitero Oakland di Petersburg accanto alle tombe dei nonni paterni (nell’Antologia sono presenti come Lucinda e Davis Matlock). Sulla lapide sono incisi i versi della sua poesia Tomorrow is My Birthday, tratta dall’opera Toward the Gulf (1918):
Cari amici andiamo nei campi.
Dopo una breve passeggiata, col vostro
perdono
penso che dormirò, non esiste cosa più
dolce.
Non c’è destino più benedetto che il sonno.
Non sono altro che il sogno di un
riposo benedetto.
Camminiamo e ascoltiamo l’allodola.
Info
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Per eventuali chiarimenti scrivere a: info@neropress.it.
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